Seduta sulla cima della collina, trai bassi cespugli di erica e ginestra, nel vento tiepido della notte di settembre guardavo la battaglia infuriare sotto di me e non riuscivo a togliere la mano dall’elsa della spada.
Tutto il mio essere era laggiù, nell’unico posto dove sapevo che non dovevo andare….
La ragazza-gatto era in mezzo ai suoi nemici ed era ora donna ora gatta… tutto in lei era armonico, ogni guizzo, ogni affondo degli artigli….
Volevo disperatamente essere vicino a lei, spalla a spalla contro quei mostri… ma non potevo… quelli non erano mostri comuni, quelli erano i suoi mostri, e solo lei poteva colpirli… dovevo restare lì… era orribile.
La guardavo e sapevo che la battaglia si sarebbe conclusa con la sua vittoria… dopo molti scontri, sapevo ormai leggere nei movimenti degli avversari la disperazione per la terribile furia della ragazza-gatto.
Permisi alla mia aura di estendersi fino a toccare la sua… volevo che sapesse che ero lì, pronta a intervenire ad un suo richiamo… che non ci sarebbe mai stato, perché era la sua battaglia… la capivo, ed era giusto, era capitato anche a me….
Volevo però farle capire che quella notte, al campo, sarei stata con lei, per offrirle un pasto e un fuoco, un intervallo di pace… come lei tante volte aveva fatto con me.
Sfiorai la sua aura, sapevo che quel gesto sarebbe bastato a farle capire… e capì.
Mi attardai appena al di fuori della sua coscienza, per non disturbarne la concentrazione ad osservare i suoi colori mutevoli.
Quell’aura così affine alla mia come poche lo erano, era come sempre una fonte continua di stupore.
La sua forza, la passione che metteva in ogni gesto mi affascinavano, sapevo che una potenza del genere avrebbe potuto annientarmi… ma la vita aveva voluto mettermela accanto, fare di noi due compagne di viaggio…
Ciò che era in lei poteva distruggermi ma sapevo che la nostra affinità non avrebbe mai potuto portare a questo, e così, meravigliosamente, ciò che potenzialmente poteva uccidermi contribuiva a farmi vivere….
Tutti i viaggi si fanno da soli, ma è importante avere dei compagni in essi.
Né io né lei ne avevamo avuti, almeno non dei compagni che sentissero nel nostro stesso modo… fino ad allora.
Ed ora, ora che davvero sapevo cos’era un compagno di viaggio, sapevo che avrei potuto incontrarne altri, ognuno diverso e importante a suo modo… e trai miei compagni ci sarebbe sempre stata lei….
Tornai a concentrarmi sullo scontro, potevo leggere la stanchezza sul viso della ragazza-gatto, ma vi leggevo anche la determinazione di chi sa che deve vincere.
Capivo che lo avrebbe fatto, anche se lei ancora non lo sapeva….
Sorrisi.
Mi apprestai ad accendere il fuoco e a preparare la cena… tra poco la notte avrebbe rimandato gli scontri al giorno dopo e io avrei fatto ciò che era in mio potere fare: guarire le sue ferite e offrirle riposo.
Di lì a poco avrei ascoltato il suo racconto, avremmo discusso di strategie di guerra, avremmo riso per scacciare la paura.
E’ semplice voler bene a qualcuno.
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